Sette anni dall’entrata in vigore del nuovo sistema delle carriere dell’Area Manageriale sono un arco di tempo più che sufficiente per fare il punto della situazione.
L’obiettivo della riforma era quello di rispondere alla richiesta dei colleghi di superare un sistema fondato su concorsi e prove interne (dalle logiche e dai meccanismi spesso non proprio chiarissimi), che prevedeva una progressione di carriera (e stipendiale) lenta, una accentuata mobilità d’ufficio, l’impossibilità di proporsi per ricoprire posizioni funzionali, un mercato interno del lavoro “ingessato”. La progressione stipendiale nel nuovo sistema doveva invece essere più incentrata sul riconoscimento del merito e meno ancorata all’anzianità di servizio.
Nonostante le regole scritte, che sono chiare, l’applicazione in concreto sta tuttavia svuotando di contenuti l’attuale sistema delle carriere, riportandoci su un piano in cui è di nuovo centrale l’anzianità di servizio.
Questo, perché la Banca quest’anno ha deciso di ridurre ulteriormente il budget del primo anno valutativo, non ascoltando le richieste del sindacato e scordandosi che la forza di un’organizzazione e l’attitudine a porsi come eccellenza anche nel domani sta nella capacità di attrarre giovani talenti e di riconoscere, valorizzare e trattenere i talenti che lavorano al suo interno.
Lo abbiamo detto subito che l’abbassamento del budget dei primi anni avrebbe portato inevitabilmente ad un ulteriore appiattimento delle valutazioni (leggi qui), anche più forte di quello già denunciato tempo fa (leggi qui), amplificando ancora di più l’ ”effetto stigma” del passaggio al terzo anno (ma a che serve il terzo anno a questo punto? Magari sarebbe il caso di abolirlo…).
Eppure, abbiamo aspettato pazientemente che la riforma entrasse a regime. Invece, stiamo assistendo ad una pericolosa involuzione, e a un “ritorno di fiamma” non dichiarato espressamente di un sistema in cui al centro c’è di nuovo l’anzianità di servizio che, come gli anni ’80, è pericolosamente tornata di moda.
Certo, possiamo trovare mille motivi per cui questo sta accadendo: quando è entrata in vigore la riforma, ad esempio, nessuno poteva immaginare che sarebbe arrivata “quota 100”, e che alle tante uscite non programmate si sarebbe fatto fronte con l’ingresso di tantissimi Expert, accentuando significativamente la competitività nel segmento.
Questa però non può essere una scusa: se un sistema non è in grado di valorizzare il merito, e non è in grado di rispondere alle legittime aspettative dei colleghi (specie di quelli più giovani), bisogna apportare dei correttivi anche profondi, senza ulteriori ritardi.
Altrimenti, si perde il confronto: con l’esterno, con la BCE/SSM, con la storia della nostra Istituzione. E si perdono per strada le migliori professionalità che, inevitabilmente, faranno altre scelte di carriera (a proposito, a quando l’estensione dell’aspettativa per i colleghi in distacco in BCE?); in ogni caso, si rischia una profonda demotivazione di gran parte del personale dell’area manageriale.
Sette anni fa i colleghi ci hanno chiesto di promuovere un sistema che abolisse le prove e risolvesse il problema dei “colli di bottiglia” che impediva una significativa crescita economica per tutti coloro (la stragrande maggioranza) che non ricoprivano una posizione funzionale. Oggi, i colleghi che rappresentiamo non sono affatto contenti dell’attuale sistema, e di come l’Amministrazione lo sta applicando. E il livello di insoddisfazione non può assolutamente essere minimizzato dalla Banca, perché non sembra certo essere un fattore temporaneo, se non si cambia qualcosa.
Poi, si può scegliere se criticare sempre e comunque, come fanno alcuni sindacati, che non sono in grado di fare proposte e passano il tempo al bar a dire quanto si stava meglio quando si stava peggio (anche se di sicuro gli stipendi erano molto più bassi, quindi tanto meglio non si stava di sicuro), oppure porsi in un’ottica propositiva, per apportare quelle modifiche necessarie a rispondere alle legittime aspettative dei nostri colleghi. Avere promosso un nuovo sistema delle carriere non significa certo difenderlo sempre e comunque. Se va cambiato, si cambia, non abbiamo paura di modificare le regole se queste alla prova dei fatti non funzionano. Noi scegliamo questa strada, e procederemo a chiedere direttamente ai colleghi dove e come ritengono più opportuno intervenire e per questo li invitiamo a darci forza con le loro proposte e il coinvolgimento attivo nell’azione sindacale.
Roma, 27 luglio 2023
Il Comitato di Presidenza